Siamo alla resa dei conti. È l’Ultima Cena, narrata nel Vangelo di Luca. I discepoli sono riuniti attorno a
un tavolo ascoltando il Maestro, colui per il quale hanno lasciato tutto: Pietro ha abbandonato le sue
reti, Matteo il lavoro che lo aveva fatto prosperare, Tommaso l’incredulità che lo avrebbe
contraddistinto anche dopo la morte del Messia. Davanti a loro c’è Gesù che li osserva, li rassicura,
pur sapendo bene ciò che sarebbe accaduto poi. Il figlio di Dio consapevole della propria fine, che è
stata il nostro inizio, la nostra salvezza.
Come racconterà Paolo, Gesù prende il pane, lo spezza e dice: “Prendete e mangiate: questo è il mio
corpo rotto per voi” (1 Corinzi 11:24). Quel pane, simbolo del sacrificio che il figlio di Dio avrebbe
compiuto, viene condiviso non solo con chi gli sarebbe rimasto fedele davanti al legno della croce, ma
anche con chi lo avrebbe rinnegato tre volte, con chi sarebbe rimasto incredulo fino alla fine e persino
con chi lo avrebbe tradito per pochi soldi. Eppure, Gesù non si tira indietro. Nella sua integrità e nel
suo grande amore, si fa pane per i suoi discepoli e per noi, per diventare nutrimento perché non
avessimo più fame.
Si spezza per riunirci a Dio.
Sì, perché come il pane spezzato, pur con le briciole, la presenza di Gesù può saziarci pienamente.
Grandi miracoli o guarigioni lontano dalla folla, insegnamenti ad un vasto uditorio pronunciati da un
monte presso Capernaum o vicino ad un pozzo nella città di Sichem ad una donna dimenticata: Gesù
non si era mai risparmiato per loro, nemmeno nelle ore precedenti la sua morte. Quelle “briciole”
preziose del suo amore, della sua saggezza, avevano saziato i discepoli e le folle che lo avevano
seguito, che avevano udito le sue parole e visto i suoi prodigi.
Molto tempo prima Dio aveva mostrato la sua meravigliosa presenza attraverso la manna, il cibo
venuto dal cielo che aveva sfamato il popolo d’Israele durante il lungo viaggio verso la Terra Promessa.
Quella manna che il popolo non aveva mai visto, di cui non aveva mai sentito parlare dalla
generazione precedente (Deuteronomio 8 :3) e che Mosè aveva vietato di accumulare. Tutti dovevano
comprendere che la presenza di quel cibo, come la presenza di Gesù, non si esaurisce mai, non si
conserva con una data di scadenza, non deve essere programmata ma è nuova e fresca ogni giorno.
E noi? Abbiamo il coraggio di spezzarci per gli altri come fece Gesù? Abbiamo la forza di diventare
briciole che sfamano chi ci sta vicino anche quando stiamo attraversando i momenti più difficili?
Forse preferiamo essere perfetti e integri nel nostro mondo che basta unicamente a saziare noi stessi
e a garantirci una relativa pace. Al massimo delle nostre forze, possiamo decidere di nutrire chi ci ha
sempre voluto bene perché pensiamo sia giusto così, vero? E se dovessimo spezzarci, “spenderci” per
chi ci ha rinnegato, chi continua a mettere in dubbio ciò che diciamo, chi ci ha tradito tre volte?
Fa male essere spezzati: spesso è difficile investire il nostro tempo per pregare per chi ci ha tradito,
rendersi vulnerabili e sensibili per chi non ci ha mai considerato o ascoltato. Ci spezziamo
malvolentieri nel dubbio che non riusciremo più a rimettere assieme i pezzi della nostra persona,
come accade quando cerchiamo di ricostruire un Lego. Nel darci agli altri potremmo non bastare più a
noi stessi. Ma forse ciò che genera davvero sofferenza in noi è condurre una vita apparentemente
integra, ben connessa e stabile, ma di fatto inutile… Un po’ come un oggetto di grande valore
inutilizzato esibito in una vetrina polverosa.
E in tutto questo, dov’è Gesù?
Magari le “sue briciole sazianti” sono state accuratamente messe da parte, come fece il popolo
d’Israele (disobbedendo a Mosè) con la manna, per scoprire poi che era marcita.
Gesù ci ha salvato, ha cancellato il nostro peccato. Con il passare del tempo ci ha benedetto
donandoci una famiglia spirituale, la Chiesa, delle benedizioni indescrivibili e dei talenti che ci ha
permesso di sviluppare. Una pace che ci accompagna sempre, la sua grazia che ci dà accesso a Dio,
lo Spirito Santo per consolarci e guidarci.
Noi abbiamo pensato bene di accumulare tutta questa eredità, di metterla da parte per non rovinarla,
di non usarla perché è nuova, di non condividerla per paura che non ci basterà nei momenti difficili. Di
fare un calcolo esatto delle scorte che potrebbero esaurirsi da un momento all’altro.
Mentre facciamo una scelta ragionata di cosa ci costa di più, dell’importanza del risparmio e del
guadagno netto per noi, stiamo dimenticando che Gesù per garantirci un’eredità e una fonte
inesauribile di benedizioni, non ha sacrificato sé stesso soltanto sulla croce ma molto prima.
Fin dall’inizio del suo ministerio ha sparso le “preziose briciole” della sua persona senza badare al
tempo, al luogo, alle circostanze ma soprattutto senza considerare chi gli si presentava di fronte di
volta in volta. I suoi insegnamenti non sono mai “marciti” perché sono sempre stati condivisi senza
badare al prezzo, spesso salato, di chi li stava impartendo.
E noi siamo pronti a spezzarci, a essere rotti per gli altri, nella certezza che non solo Dio rimetterà
assieme i cocci della nostra persona ad ogni passo ma soprattutto che alla fine dei nostri giorni Lui
stesso potrà come un buon padre dire: “”Ben fatto, servo buono e fedele” (Matteo 25:21).
Il nostro cammino, anche se difficile, avrà avuto un senso. Potremo finalmente vedere che ogni
spezzatura è stata una parte essenziale della nostra storia, un atto di fede verso Dio che ha nutrito non
solo noi, ma anche gli altri intorno a noi.
Scopriremo che siamo stati non solo sfamati da Dio, ma trasformati, diventando anche noi pane
spezzato per un mondo in cerca del vero nutrimento che non si esaurisce mai: Gesù.