“In che cosa ti ho stancato?” (Michea 6:3).
Possiamo davvero arrivare a stancarci di Dio?
Dio, il creatore dell’universo, il Dio onnipotente e senza fine, quel Dio che ha sacrificato Gesù per noi?
La domanda ci mette a disagio, genera in noi vergogna… Tuttavia, questa è la domanda che Dio pone
al popolo di Israele e che oggi rivolge a noi. Queste parole ci chiamano a riflettere: immaginiamo un
Padre amorevole che, con un tono di dolcezza e tristezza, ci interroga. Ci chiede perché abbiamo
smarrito la nostra ricerca di Lui, come se il Suo amore infinito non fosse abbastanza.
È un pensiero straziante: come può un Amore così puro diventare un peso?
Viviamo in un mondo che ci riempie di promesse illusorie. Siamo bombardati dall’idea che la felicità
risieda nel possesso, nel nuovo e nel “brillante”. Ci lasciamo sedurre dal consumismo, convinti che la
gioia si compri. Così, senza accorgercene, iniziamo a trattare la nostra relazione con Dio come se
fosse un oggetto da sostituire quando non ci soddisfa più piuttosto che qualcosa da curare, spesso da
riparare. Ci rifugiamo in surrogati, dimenticando che la nostra anima per la sua stessa natura è
affamata di Dio, come un deserto in cerca di pioggia.
Ancora oggi Dio ci osserva con uno sguardo colmo di amore e pazienza e ci domanda: “In che cosa ti
ho stancato?”. Sì, perché non è Lui ad averci deluso ma siamo noi ad essere stati trascinati da illusioni
vuote e dalla sterile religiosità, perdendo di vista il vero significato della nostra esistenza.
Nel profondo del nostro cuore, sappiamo che il mondo non può colmare la nostra sete interiore, il
desiderio profondo di un’anima che guarda ad un’eternità con Dio ma, pur consapevoli della nostra
situazione, rimaniamo tiepidi creando una relazione che assomiglia ad un polveroso contratto firmato
tanti anni fa più che ad un patto di amore eterno.
Il profeta Geremia ammette con forza: “C’è nel mio cuore come un fuoco ardente, chiuso nelle mie
ossa; mi sforzo di contenerlo, ma non posso” (Geremia 20:9) … Anche quando cerchiamo di ignorare
questo desiderio, lo Spirito Santo continua a bruciare in noi, a chiamarci.
La nostra anima, intrinsecamente legata a Dio, cerca incessantemente la Sua presenza.
Ritrovare il desiderio per Dio richiede un atto di coraggio verso noi stessi. È riconoscere l’inutilità di ciò
che abbiamo scelto al posto Suo. Aprire gli occhi e accorgerci che solo la Sua presenza può offrirci la
pace che cerchiamo. Come la fiamma ardente nel cuore di Geremia, anche il nostro desiderio per Dio,
una volta risvegliato, non può essere soffocato. Anche nei momenti di dolore e delusione, Egli rimane
il desiderio che non svanisce mai.
Ritornare a desiderare Dio è un viaggio verso la libertà più autentica, verso quella pienezza che solo
Lui può offrirci. Non si tratta di aggiungere un altro peso alla nostra vita già affannata, ma di riscoprire
la bellezza di una relazione che ci ha sempre atteso, un amore che non si è mai stancato di cercarci,
anche quando lo abbiamo trascurato.
Forse ci sentiamo distanti, forse siamo stati travolti dalle delusioni o dalle sfide della vita, ma Dio non
si è mai stancato di noi. La Sua voce risuona ancora nel silenzio, come quel vento leggero che Elia udì.
Non dobbiamo fare altro che fermarci, aprire il cuore, e lasciare che il desiderio per Lui si risvegli in
noi. Non è troppo tardi. Non siamo mai troppo lontani.
Dio non ci chiede di compiere imprese straordinarie per riconquistare il Suo affetto. Ci chiama nella
semplicità, attraverso lo Spirito Santo che continua a sussurrare al nostro cuore, invitandoci a tornare
a casa, tra le Sue braccia, dove la nostra anima può finalmente trovare pace e ristoro.
Non possiamo più ignorare quel fuoco che arde dentro di noi. Lasciamo che bruci forte. Dio è pronto a
rinnovare la nostra vita, a riempirci con il Suo amore perfetto, capace di trasformare anche le difficoltà
più grandi in speranza e luce. Rispondiamo alla Sua chiamata, abbandoniamo ciò che non ha valore, e
torniamo a coltivare la relazione più preziosa che possiamo avere. In Lui troveremo sempre la pienezza
e la gioia che il mondo non ha mai saputo darci.