Tutto è iniziato nel gennaio del 2024. Lavoravo da circa otto anni in un posto che consideravo “casa”, circondato da amici e parenti, ma soprattutto dalla comunità evangelica in cui sono cresciuto e nella quale ho imparato a dedicarmi al Signore, per la Sua grazia, anche nelle piccole cose.

In quel gennaio, però, Dio ha riportato alla mia mente una promessa che Gli avevo fatto nel mio cuore nel 2012: “Desidero servirTi per tutta la vita, a costo di lasciare tutto”. Ammetto che, col passare degli anni, immerso nel lavoro e nelle occupazioni quotidiane, avevo quasi dimenticato il mio proposito. Ma il Signore non se ne era scordato. Anche se quel desiderio sembrava sopito, non si era mai spento del tutto: è bastato un Suo soffio per riaccendere quel fuoco e, con esso, la spinta ad abbandonare le certezze che avevo costruito nel tempo, per intraprendere il cammino che mi ha condotto all’Istituto Biblico Italiano di Roma.

Sapevo che questo percorso non sarebbe stato facile, ma fin dal primo momento ho riconosciuto che Dio mi stava chiamando a seguirLo nel deserto, perché io fossi nuovamente modellato, plasmato e trasformato dalle Sue mani.

I miei primi mesi alla scuola biblica li definirei un periodo di “radici e promesse nel deserto”. Un’esperienza che mi ha rammentato le parole di Deuteronomio 8:2: «Ricòrdati di tutto il cammino che il SIGNORE, il tuo Dio, ti ha fatto fare in questi quarant’anni nel deserto per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandamenti».

Dio sta permettendo questo tempo nel deserto per rivelarmi cosa c’è nel mio cuore e per aiutarmi a radicare sempre più la mia piccola fede in Lui.

I fallimenti, la vergogna, gli errori e le paure del passato, che in questo luogo tornano alla luce, sono segni di una guarigione profonda che il Signore desidera compiere, tramutando ogni fragilità in un’occasione per sperimentare il Suo amore restauratore e la Sua potente grazia.

Non è semplice abitare nella “terra arida”, soprattutto per chi, come me, tende ad essere testardo e ha sempre fatto fatica ad apprezzare l’attesa. Ma anche in questo riesco a vedere la mano di Dio all’opera: da un lato, Egli mi invita a confidare in Lui e ad aspettare il Suo intervento (Esodo 14:13); dall’altro, mi mostra delle promesse alle quali posso aggrapparmi con tutto il cuore, attraverso la Sua Parola.

Ho sempre cercato di evitare l’attesa, sfuggendo alla “chiamata nel deserto” che Dio spesso mi ha rivolto. Il “deserto” mi sembrava un luogo troppo arido per crescere o portare frutto. L’assenza di certezze mi spaventava e il timore di non poter contare su ciò che ritenevo “giusto” per la mia vita mi teneva lontano da ciò che Dio voleva compiere in me.

Eppure, oggi ringrazio Dio per avermi condotto fin qui. Anche se so di essere ancora nel mezzo del cammino e non vedo pienamente il frutto della Sua promessa, non posso fare a meno di testimoniare di come, giorno dopo giorno, le radici della mia piccola fede, cercando l’acqua viva dello Spirito Santo, si stiano fortificando.

Come una pianticella che deve prima radicarsi per poter fiorire, anch’io sto imparando a lasciare ogni cosa nelle mani di Dio, permettendoGli di lavorare il duro terreno del mio cuore. Beato «l’uomo che confida nel SIGNORE, e la cui fiducia è il SIGNORE!» (Geremia 17:7). Infatti, come si legge nel verso 8 dello stesso capitolo di Geremia, «egli è come un albero piantato vicino all’acqua, che distende le sue radici lungo il fiume; non si accorge quando viene la calura e il suo fogliame rimane verde; nell’anno della siccità non è in affanno e non cessa di portar frutto».

Rimanere vicino al Signore non è un dettaglio secondario, ma la condizione essenziale per resistere alle prove, per non inaridirsi e per continuare a dare frutto, anche nei tempi più duri.

Uno degli aspetti più complessi del mio carattere che Dio sta modellando in questo tempo di deserto è la tendenza a cedere alla pressione esterna o al confronto con gli altri. In passato, quest’attitudine mi avrebbe spinto ad affrettare qualsiasi processo, mostrando un fogliame rigoglioso nonostante fossi consapevole che in realtà esso era privo di frutto. Oggi, invece, Dio mi sta insegnando a camminare nella verità, aprendomi a Lui anche nelle mie fragilità e debolezze, affinché la Sua opera possa diventare una testimonianza reale, concreta e vivente.

Quel deserto che un tempo temevo, e da cui cercavo di fuggire aggrappandomi a tutto ciò che ritenevo “sicuro”, si sta rivelando il luogo migliore in cui piantare radici in Cristo. L’arsura che tanto mi spaventava, ora mi incoraggia a scavare in profondità nella relazione con Dio, dove posso scoprire che la Sua presenza non manca mai, anche quando le certezze umane – materiali, emotive o relazionali – vengono meno.

Se Dio ti chiama a inoltrarti nel deserto e se sei stanco di sentirti come il fico sterile di cui si parla in Marco 11:13, non avere paura e non resisterGli. Accogli con fede il cammino che il Signore ti indica, perché proprio lì, dove tutto sembra irrimediabilmente arido, Egli prepara una terra di sorgenti. E quando sarà Lui a guidarti, scoprirai che ogni passo – anche il più difficile – sarà stato parte di un piano unico e perfetto per la tua vita. Potrai, così, appropriarti della promessa divina riportata in Isaia 41:18-19: «Io farò scaturire dei fiumi sulle nude alture, delle fonti in mezzo alle valli; farò del deserto uno stagno, della terra arida una terra di sorgenti; pianterò nel deserto il cedro, l’acacia, il mirto e l’olivo selvatico; metterò nei luoghi sterili il cipresso, il platano e il larice tutti assieme».