Il capitolo 40 del libro dell’Esodo parla dell’erezione e della consacrazione del tabernacolo. Dal primo al quindicesimo versetto il Signore si rivela chiaramente a Mosè rendendo note tutte le istruzioni e le prerogative da seguire durante i lavori. Si sarebbe trattato di un lavoro minuzioso, che richiedeva grande perizia tecnica, dedizione e impegno, ma Mosè non si perde d’animo, infatti il versetto 16 recita: “Mosè fece così; fece interamente come il Signore gli aveva ordinato.” Il proseguo del capitolo racconta dettagliatamente l’inizio dei lavori, fino all’erezione del tempio. È edificante notare come durante questi sia ripetuto per sei volte “come il Signore aveva ordinato a Mosè” e che questa serie si concluda al versetto 33 con l’espressione “Così Mosè completò l’opera”. Sembra quasi che più i lavori si facevano intensi, più l’uomo di Dio ricordava di seguire fedelmente tutte le prerogative che il Signore aveva lasciato, senza mai sviarsene. Il versetto 34 si pone come una conseguenza di quanto appena riportato: “allora la nuvola coprì la tenda di convegno, e la gloria del Signore riempì il tabernacolo”, come a ricordarci che la condizione per vedere la gloria di Dio è proprio la sottomissione e l’obbedienza. Del resto la Shekinah non avrebbe riempito il tabernacolo se Mosè non avesse seguito gli ordini di Dio con fedeltà e dedizione.

Eppure, venendo a noi, quante volte seguiamo il principio dell’homo faber fortunae sue, pretendendo al contempo che Dio approvi ogni nostro progetto marchiandolo con il segno della Sua gloria. È arrivato il tempo della sottomissione, dell’arresa affinché anche noi come Mosè possiamo vedere la gloria di Dio riempire noi e ogni nostro progetto.